martedì 10 luglio 2012

La politica di chi c'è


Lo scenario politico degrada, auto alimentato non riesce a tracciare scenari. La strategia ora è di taglio e  contenimento: economico, sociale, lavorativo, etico... la persona è ridotta ad individuo e allora tutte le derive sono possibili.

Aumenta costantemente “lo spread” tra il Paese reale e la classe politica percepita come distaccata, oligarchica. In parte è vero in parte, no.

Ci sono molti che lavorano in senso opposto ad a questo sforzo bisogna guardare, su quest’esempio costruire.

In Italia ci sono migliaia e migliaia di lavoratori, piccoli e grandi imprenditori, famiglie, studenti…  che sperano, tengono duro e continuano ad incarnare la vita, tutelare, difendere ciò che hanno di più caro: la propria e altrui dignità, dando volto ad un Paese diverso. Realtà che non si lasciano intimorire dalla logica perversa dello spread, pur sapendo che la finanza ha pesanti e devastanti ricadute sull’economia reale, se non segue criteri etici. Pur riconoscendo i rischi che derivano dal tempo presente, dagli attacchi, dalle speculazioni, continuano a credere che costruire è possibile e si adoperano per questo: per dare un futuro a chi verrà dopo.  

Esiste un’Italia che pulsa e non arraffa, spera ed edifica. Un’Italia che risponde con “il fare”a chi solo urla e genera la logica del conflitto, dell’antipolitica, dell’antigiustizia, dell’antidemocrazia, dell’anti. Risposta al pensiero debole che solo provoca senza nulla costruire. W L’Italia

venerdì 6 luglio 2012

Vivi e lascia vivere


E’ stupefacente come Facebook, Twitter, Whatsapp … incidano sulla dimensione quotidiana della vita. C’è chi indaga sulle identità o sfumature d’identità che si assumono: "Siamo anche lì oppure quello è un angolo diverso dove giocano altre regole, dove i confini si confondono fino a sfumarsi?" Interessante, ma l’essere umano non è chiamato alla scissione e quando succede, anche in minima parte, gioca al compromesso su se stesso e inizia a perdersi.

Che meravigli a le piattaforme dove tutti condividono tutto:  foto di torte postate affianco a quelle di pargoli amati, ma che nessuno tutela in quell’immagine che chissà dove finirà. E cani e gatti vicino a vignette e analisi politiche e striscioni e foto vacanziere o lavorative … Tutti abbiamo bisogno di dire la nostra, alcuni riescono anche a farlo, molti guardano, altri continuano ad auto-reindirizzarsi felici di esistere e far esistere in un mondo virtuale.  W l’Italia  

mercoledì 4 luglio 2012

Italia amore mio, solo 248 parole


C’è bisogno di idee, gridano in molti. Secondo me c’è bisogno di coraggio.

Di osare, di ricominciare, non distruggere, ma reimpostare. Di fortificare quella morale e quell’identità che si va sempre più dissolvendo, ma che dona il nome a questa penisola.

Nel nostro bellissimo Paese esiste un doppio volano: se sei vecchio e potente domini il mondo ed hai incarichi su incarichi, se sei vecchio e basta, semplicemente non esisti. Non esisti nelle corsie degli ospedali, se non conosci “qualcuno”; non esisti nel vantare un diritto, non esisti. Se sei giovane e appartieni ad una famiglia “rampante” le tue possibilità crescono a dismisura, se sei giovane e basta: “devi fare esperienza”, poi però, molto spesso, sarà tardi. In Inghilterra i docenti dei Campus hanno in media 35 anni. In Italia? Semplicemente non esistono i Campus. 
Italia, Italia! La politica cerca (destra sinistra centro Todi tutto frullato), il calcio è in crisi (Spagna Italia 4-0 fa male non perché loro erano bravi, ma perché noi non siamo esistiti), lo Stato lotta contro i fantasmi della mafia, che intanto domina il mondo;  la Rai prova se stessa … E intanto gli avvoltoi più abili affilano le unghie, sanno cosa mangeranno. Curioso come lo spread oscilli e le borse reagiscano a seconda di accordi e mega-summit dai modesti risultati e grandi proclami, curioso. I poteri forti che nessuno può contrastare, eppure, “nulla è impedito all’uomo che sa osare.” Nulla impedì al piccolo Davide di ottenere un grande risultato.  Coraggio Italia, coraggio!

mercoledì 23 maggio 2012

20 anni fa la strage di Capaci. E l’Italia oggi si ferma


Il 23 maggio 1992  la strage di Capaci ferì la giustizia uccidendo il magistrato Giovanni Falcone insieme alla moglie e alla scorta.
57 giorni dopo, la mafia, uccise l’amico fraterno Paolo Borsellino e altri uomini della scorta.


Oggi commemorazioni e parole per il riscatto dell’Italia. Italia in crisi economica, di lavoro, di valori, di radici. L’Italia che non pronuncia più la parola Patria, e dove la parola Fede è sempre più sbiadita.  
Eppure finché ci sarà chi darà la vita per una giusta causa; finché ci sarà chi lotterà per affermare il vero non cedendo al completo relativismo delle idee; finché ci sarà qualcuno che con coraggio e rispetto per l’altro, costruirà invece di demolire, avremo uomini e molto più di una speranza.
Grazie a tutti i servitori dello Stato, grazie a tutti i Pastori della fede, grazie a tutti gli uomini di buona volontà che nel piccolo della propria vita non si arrendono nel mio Paese.
W. L’italia!

domenica 20 maggio 2012

Brindisi. Italia guarda al tuo futuro


Non si gioca, provoca, si fa politica spicciola, quando si è di fronte alle bombe che uccidono bambini,  istituzioni, il Paese. In questi casi serve solidarietà, lucidità e consapevolezza. Le bombe feriscono e lacerano il Paese. Serve rispetto e determinazione. Serve un sussulto. Trasformare in proclami è strumentalizzare, non aiuta l’Italia a crescere, riscattarsi. Il Paese ha bisogno di compattezza e di rinsaldare la propria identità, anche cristiana, solo così potrà respingere il ricatto terrorista-mafioso.
Basta! Dov'è la lettura cristiana di chi si dice impegnato in politica, ci bastano Ornaghi e Riccardi al governo per sentirci tranquilli? E Todi che fine ha fatto?! 
W l'Italia!

sabato 14 aprile 2012

Il forno della Fornero: lavoro ed esodati

Politica. Il ministro del Welfare, Fornero, punta i piedi e da Reggio Calabria sottolinea: “o la riforma o il governo va a casa”, poi apre alle modifiche (non strutturali); quindi attacca Bonanni CISL (che aveva detto governo con la testa sotto la sabbia): "Le battute facili le lascio a quelli che ne hanno molte".
Peccato che la triplice raccolga la quasi totalità dei lavoratori italiani, che si ritrovano uniti su "esodati" e lavoro. Qualcosa vorrà dire? Straordinario poi come siano mescolate, nelle parole del lungo discorso del ministro, l'apertura al dialogo e la minaccia di lasciare l'Italia nella crisi economica più nera. Ricorda lo spauracchio che si usava un tempo con i bimbi. Un mio amico, forse, direbbe: "la Fornero "fa falso moralismo". Ma poi la crisi economica è davvero così nera? Viva l'Italia!

mercoledì 28 marzo 2012

Il silenzio che vale più di mille parole

Il silenzio paga chi sa ascoltarlo, lo credo davvero. Troppe voci che si accavallano, su tutto. Blog sterminati costruiti come rulli infiniti... Siti che raccontano contemporaneamente dei seni rifatti, le tensioni in Iran e Siria, passando per il governo Monti e la crisi economica mondiale. E allora pausa. Pausa per respirare e cercare di capire dove si va e perché. Pausa perché il cielo è blu, il sole è giallo ed il sorriso di un bimbo vale più di tutti gli Ipad del mondo Apple.
  

lunedì 5 marzo 2012

Grazie Governo Monti

Governo Monti
Davvero grazie per il sostegno alle famiglie (cellula imprescindibile, baluardo dello Stato, pilastro della nostra Costituzione) . Grazie per il programma di sviluppo e rilancio seguito ai tagli, orizzontali. Grazie per aver  investito  nelle forze di sicurezza, spompate e senza più benzina (“La sicurezza è un costo sociale che si paga poi”. Poi perché, quando non c’è più possesso del territorio la criminalità cresce come un cancro e poi, si vedono: rapine, stupri, droga, ecc…). Grazie per il sostegno alla Chiesa Cattolica. Grazie anche per il supporto offerto ai giovani, per la tutela delle garanzie lavorative e per i piani d’impresa. Grazie per la speranza che ogni giorno viene iniettata nei nostri cuori. Italia quando ti sveglierai?!

mercoledì 8 febbraio 2012

Lavoro. Posto fisso addio? Monti, Cancellieri, Fornero e la strategia dei funamboli


Prima il premier Monti (tecnico di tutto rispetto e nome di prestigio in ambito accademico, europeo e… e non solo) a sottolineare che il “posto fisso è monotono”, poi i ministri Cancellieri e Fornero (titolari rispettivamente dei dicasteri dell’Interno e del Lavoro) hanno ribadito che “Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso” hanno parlato di staticità, di presenza “nella stessa città a fianco a mamma e papà”. Di necessità di fare “Un salto”.
Certo ma dalla Rupe Tarpea! 
Ci vorrebbe più attenzione, più rispetto, per tutti. Per i giovani, quelli fino ai 30 anni e per quelli che ne hanno qualcuno di più, ai quali non pensa mai nessuno. Come se passata la soglia degli “anta” competenza, capacità, professionalità  si dissolvano senza tracce e con loro ogni possibilità di costruire, pensare ad una vita.


La patria della mobilità è negli Stati Uniti, Paese in cui, fino a ieri, cambiare lavoro, in un crescendo di specializzazione, era come decidere di fare un viaggio: bastava volerlo (il più delle volte. Adesso anche quel modello scricchiola e pesantemente). 


Parlare di mobilità in assenza di un tessuto lavorativo in grado di assorbire, formare e promuovere è un insulto. 


Il “posto fisso” non è sbagliato se si costruisce un sistema in grado di sostenerlo. La mobilità è un’altra via, sempre però, se si costruisce un sistema virtuoso. Non basta dire a chi cerca lavoro che “dovrà farci l’abitudine”. E’ come dire che l’onere del sacrificio, di una società che non produce lavoro, spetta a chi cerca. Una follia! 


E adesso pubblicano stipendi ed incarichi dei "figli dei potenti". Ma a che serve? Non è con la strategia della “caccia alle streghe”, impoverendo altri, che il Paese, i giovani, e meno giovani, si risolleveranno. Però basta con i: “Io volevo dire”. Oxford, Cambridge… Commissari  europei e Ministri. No! “Io volevo dire” è un altro insulto.

sabato 4 febbraio 2012

La neve a Roma: da Flaminia a Trionfale, 8 km in 8 ore

Eppure è stato proprio così, come in uno di quei film in cui la “Salerno - Reggio Calabria” diventa luogo di socializzazione, scambio culturale e culinario, o come in quelle pellicole in bianco e nero dove il desiderio di trascorrere una domenica sul litorale di Ostia si trasformava in una immensa coda di automobili festanti e non, sulla via Cristoforo Colombo. Eppure è stato così questa sera dopo un’allerta meteo che ha messo in ginocchio “Roma Capitale”. Ore 13.15 sono sul Grande Raccordo Anulare, corsia esterna, mentre Roma comincia ad imbiancarsi.  La segnaletica elettronica indica l’indispensabilità delle catene a bordo o l’uso di gomme da neve. Sono tranquillo. Solo pochi istanti ed un tappeto di luci di posizione è il presagio di un pomeriggio che finirà solo in tarda serata. Mi guardo intorno, siamo immobili, circa al km 18esimo, gli altri automobilisti sono divertiti dagli improvvisi, anche se annunciati, fiocchi bianchi che cadono copiosi ormai da circa un’ora. Sembra Natale. Alcuni accostano l’automobile, e raccolgono manciate di neve, giocano a tirarsela. Alcune stazioni radio parlano del maltempo, a Roma Sud è indicato un rallentamento. Di Roma-Nord nessuna traccia. Un’ora dopo siamo praticamente allo stesso punto, alcuni lasciano il volante per chiedere informazioni ai camionisti (hanno gli apparati radio), altri scattano foto con i telefonini, girano filmati da postare su Facebook. C’è chi dice che la coda si snoda fino all’uscita Aurelia, il chilometro uno. Dopo due ore avremo percorso circa due chilometri, non ci sono piazzole ristoro, eppure l’ora di pranzo invita ad una sosta. Dai bagagliai c’è chi prende una tavoletta di cioccolata, chi una bottiglia d’acqua. Alcuni la offrono a chi ha dei bambini che sfacciatamente urlano “papà posso averne un pezzetto?” L’Italia della solidarietà ha il volto di un panino condiviso, o di una barretta spezzata in cinque pezzi. Fuori la neve si incrementa. Tre ore dopo il manto stradale si compatta ben bene, non c’è fanghiglia ma una bella neve pressata. Penso allo sci da fondo che non ho mai imparato, mentre vedo gente abbandonare la propria auto lungo le corsie e scegliere di andare a piedi. Già, ma a piedi dove? L’uscita successiva è a circa un chilometro, come la precedente. Molti sono in panne, si prova a spingere, ma le ruote slittano, praticamente nessuno ha le catene o pneumatici invernali. C’è chi compila, si scambia dati dopo il tamponamento. Quattro ore dopo le sirene delle autoambulanze si fanno più frequenti e pressanti. Non passano. Nei pressi dell’ospedale Sant’Andrea  tutti si spostano di decine di centimetri, non si guida bene, si slitta, ma i varchi si aprono lo stesso. Ancora auto e moto abbandonate sulla destra, la tormenta continua e noi siamo ancora fermi. Noi, perché adesso conosco, Mario, il camionista che avverte: “stateme lontani che er camio sguiscia”; Stefania che, su una berlina lusso, ha finito la batteria del cellulare ed ha chiesto al signore barbuto fermo alla sua destra di fare una telefonata. Insomma l’Italia ha anche il solito volto della condivisione. Cinque ore dopo c’è chi ha fame, sete. Gli sguardi sono smarriti, il giorno è diventato notte e la strada bianco ghiaccio. C’è paura e rabbia. Sei ore dopo circolano voci su decine di incidenti, camion rigirati e ribaltati, chilometri di coda, nessuna conferma o smentita ufficiale. Da lontano un’altra sirena, è una gazzella della Polizia. Si fanno largo serpeggiando molto lentamente tra il mosaico colorato di carrozzerie. Una donna apre lo sportello scende ed inizia ad inveire contro le divise, il sindaco, e chiunque secondo lei abbia responsabilità di aver “sequestrato tutta sta gente”. Intorno si fa un capannello, gli agenti non rispondono, in quel momento un’utilitaria ed una sportiva si toccano, i guidatori si insultano cercano testimoni, tutti guardano. La scena si scioglie ed il lampeggiante scompare nella notte. Ancora una volta non sappiamo che destino ci attende. Otto ore dopo anche io telefono ai Carabinieri. Mi scuso per l’ennesima chiamata dal GRA, ma spiego che ho quaranta anni, che sono solo a bordo del mio veicolo e che quindi aver saltato un pasto e non avere acqua non costituisce un problema, ma che forse, tra le centinaia di auto che ho davanti e dietro ci sono bambini e anziani. Chiedo se la Protezione Civile è stata allertata se si hanno informazioni su come si uscirà da questa situazione. Dall'altro capo dell'etere mi spiegano che la Polizia ha la competenza su quella strada e che stanno distribuendo coperte e quant’altro. Io sono in mezzo a quel caos e non vedo nessuno, da ore. Faccio presente che le autovetture sono dotate di riscaldamento e insisto nel voler sapere se la Protezione Civile è al corrente dell’emergenza. Mi viene spiegato che le coperte servono per le macchine che rimangono senza benzina. Non capisco perché non si provveda al rifornimento di carburante invece delle coperte… ringrazio e chiudo la conversazione. Faccio chiamare la Protezione Civile, ci spiegano che è in corso la distribuzione di pasti e bevande calde (dove?), ma che l’emergenza rende tutto molto complesso. Otto ore dopo siamo nei pressi delle gallerie che portano all’uscita "Trionfale", il cartello luminoso augura “Buon viaggio”. Perché non viene utilizzato per dare informazioni agli automobilisti che ormai stremati suonano a ripetizione i clacson? E’ come una grande ola: le trombe delle automobili, sommate a quelle possenti dei camion partono da dietro, in un crescendo ti sorpassano per poi perdersi tra i fiocchi di neve, che non hanno mai smesso di cadere. All’uscita “Trionfale” sono incuneate centinaia di auto, nessuno dice che solo qualche centinaia di metri dopo quello svincolo, la circolazione riprende senza code. 8 ore per 8 chilometri!

Roma ore 5.45 La Neve cade sulla piazza immacolata







domenica 8 gennaio 2012

Benvenuto 2012

Tutta l’Europa trema per la speculazione finanziaria. L’Italia è alle prese con la stabilizzazione dello Spread. In Nigeria la violenza contro i cristiani non si ferma, come in Pakistan, Iraq, India… solo che nessuno lo dice. In America Latina scompaiono nel nulla decine di famiglie. L’Ue minaccia l’Iran di nuove sanzioni per il suo programma nucleare. In Egitto i Fratelli musulmani dicono che non riconosceranno mai Israele. In Siria si continua ad uccidere chi è contro il regime, come in Yemen così come è stato in Tunisia e Libia anche se qui le cose si complicano e non di poco.  A Roma è stata uccisa una bambina di 6 mesi in braccio al padre, un commerciante  cinese, e in Danimarca il governo sta pianificando politiche che impediranno a chi portatore della sindrome di Down di nascere. Notizie di questi giorni, che si verificano in un click. Notizie che passano sotto silenzio, o peggio indifferenza. In Italia escono statistiche sull’utilizzo dei telefoni  cellulari: siamo i primi in Europa per acquisti. E la crisi? L’Africa è ancora più lontana: ho negli occhi la corsa di un bambino di circa 13 anni sommerso da una nuvola di terra rossa sollevata dal pulmino, che non ha mai raggiunto, sul quale viaggiavo. Desiderava solo avere una penna. Benvenuto 2012 che Dio illumini le nostre coscienze.

venerdì 25 novembre 2011

Africa

Tutto deve ancora fermarsi...
...Ho negli occhi lo sguardo dei bambini che non ti lascia andare; le baracche-mercato senza fine (40 km) colorate di papaya, legno, fiori, copertoni, divani, spezie, persino bare. Economie elementari, potenziali spiragli in una lotta impari contro il neocolonialismo. Ho negli occhi Il cielo stellato che non ho mai visto da qui e l’altra faccia della luna: quella povera, sfruttata ed indignata. Ho negli occhi l’oceano e “le porte” della schiavitù: marchio indelebile per decine e decine di generazioni. Sento il calore dell’accoglienza, della musica e quello del Sole che non tramonta mai, anche quando tutto è nero. Sento il profumo del deserto,del succo di baobab, delle piante verdi, della manioca ed il pizzicore dello zenzero.  Sento il sudore acre dei villaggi, la puzza di smog della capitale immersa nella benzina irregolare rubata dagli oleodotti. Ricordo le lacrime di chi nutre i propri figli con un seno senza vigore. Ricordo i giganteschi Suv di ONG, giornalisti  e ambasciate tagliare strade fatte di polvere e speranza. Ricordo bollicine di  Coca Cola evaporare su una mano tesa. E l'instancabile presenza dei missionari, costruttori di pace e verità. Ricordo la paura di perdermi. Di voler rimanere dove il tempo ha un altro ritmo e significato, dove gli spazi sono dilatati dalla priorità della vita e lo sguardo non ha confini.













Vitalizi da senatori!

Poi parleremo dell’Africa. Torno e trovo un nuovo governo. Bene c’è speranza e fiducia da parte della Ue. Leggo i provvedimenti, ieri  insieme a quelli definiti a Strasburgo da Sarkozy, Merkel e il nostro Monti, anche quello sui vitalizi.
Basta con i vitalizi ai senatori, la notizia è rilanciata da tutte le testate. Lo hanno deciso a Palazzo Madama. Finalmente un segnale! Ma che segnale è?! Il provvedimento già stato approvato il 21 luglio scorso dall'Ufficio di presidenza della Camera non riguarda i senatori in carica o gli ex perché non può incidere sui diritti acquisiti. Quindi chi è stato eletto non rinuncia proprio a nulla! Se sarà rieletto avrà comunque il vitalizio maturato, se non sarà rieletto idem. Gran bel segnale davvero decidere su ciò che avranno (non avranno) altri dopo di te! Proporrei, solo per rimanere ad oggi, la cassa integrazione per Termini Imerese dalla prossima generazione di assunti. W l’Italia!

martedì 8 novembre 2011

Dopo Todi cosa c'è?


Troppi ma veramente troppi, in questo momento buio, danno consigli e scrivono analisi sul futuro del nostro Paese.
E' crisi, certo. Crisi economica globale, quando globale vuol dire occidente perché in oriente il Pil cresce a livello esponenziale almeno in India e Cina. La Russia tiene la mano sul rubinetto del gas, non la bocca sulla canna. Alcuni Paesi Arabi cercano equilibri aiutati da altri Paesi amici (?). Altri ancora hanno pozzi di petrolio e fondi sovrani.
L'America lava i propri panni, mentre l'Europa si domanda chi sia e cerca (?) strategie per sostenere paesi come la Grecia che lotta per rimanere a galla in un Oceano di speculatori: bisognerebbe chiedersi chi siano.
L'Italia, che ha un debito pubblico comprato da altri, ricorda un impero in decadenza. E la prospettiva? I contratti sono bloccati, i fondi per le famiglie, scuola, ricerca... inesistenti, l'industria è ferma. Va ancora l'export. Tutti stano a guardare, come in un reality, la fine di Berlusconi. E le alternative? Staremo a vedere. Una domanda: “dopo Todi cosa c'è?”

venerdì 28 ottobre 2011

La carica degli 8000


La premessa è che amo "la tecnologia", genio della mente umana, capace di concretizzare sempre prima quel futuro lontano.  

Il fatto è che circa 8000 persone si sono messe in fila per un Ipad 2, un Tv a Led da 32 pollici, un cellulare... E' successo, come tutti sanno, a Roma dove un noto marchio ha inaugurato, ieri, un novo punto vendita con offerte sensazionali. Talmente incredibili da intasare per ore le principali arterie di Roma Nord e provocare pesanti ricadute sul GRA. Oltre 20mila i movimentati per l'evento. 
Il sindaco Alemanno “non se lo aspettava”. E chi se lo aspettava? Alcuni hanno dormito, la notte prima, a presidio dell'entrata certa; altri si sono azzuffati per accaparrarsi l'ultimo sconto rompendo persino vetrine.
Nella stessa “nottata degli accampamenti”, dopo un lungo vertice, il governo italiano ha annunciato “i licenziamenti facili” per rispondere alle richieste di Bruxelles sulle strategie per fronteggiare la crisi. 
In piazza, a Roma, pochi giorni prima migliaia di “indignati” venuti da tutta Italia (vergognosa, antidemocratica la presenza dei Black Bloc) hanno protestato contro i poteri forti, la mancanza di lavoro, di prospettive. 
E Roma è uno spettacolo mirabolante di se stessa nella contraddizione degli eventi. 

La domanda è: come si mettono insieme crisi, contestazioni, paure e file sterminate per accaparrarsi un telefonino?

La conclusione è che forse hanno davvero ragione quelli che affermano che siamo una società malata, condizionata sino all'inverosimile. Intrisi di “dover essere” di “dover apparire”. Talmente malata da dover comprare compulsivamente per azzittire frustrazioni, carenze e vuoti. Vuoti esistenziali, di anima e di ragione. Si compra per compensare la povertà e così si diventa ancora più poveri. Viviamo in una società malata che lascia soli e chiama le persone individui; una società che impone modelli “di plastica” inarrivabili. Zavorre per uomini che sprecano una vita intera a rincorrere tutto ciò che non hanno per il solo fine di possederlo. 
La vera felicità, però, non è avere, ma condividere. 

venerdì 21 ottobre 2011

Gheddafi è morto


Muammar Gheddafi è morto. Almeno così dice il CNT il Consiglio Nazionale di Transizione libico. La Nato per ora non conferma, servono le prove del DNA. Sono almeno quattro infatti i sosia che avevano giurato fedeltà al rais. Gheddafi è morto. Le foto raccapriccianti, i video mostrano la cattura, il linciaggio. Morto il figlio Mutassim, ancora non certa, anche se comunicata dai ribelli, l’uccisione dell'altro figlio Saif al Islam, morto a Sirte il ministro della Difesa, Abu Bakr Younes.
Gheddafi è morto, la Libia è in festa con lei molti altri Paesi, per motivi economici, strategici, tattici... Gheddafi è morto, ma la morte di un uomo non può mai essere motivo di gioia. Una democrazia non nasce usando la stessa violenza del regime soppresso. Il CNT ha subito la prima sconfitta, ha compiuto uno sbaglio fondativo. Ora sarà tutto più difficile, senza un processo davanti alla Comunità Internazionale. Gheddafi è morto. Solo 10 mesi fa era pienamente accreditato in tutto il mondo. Oggi “i governi amici” si presentano davanti alle telecamere per sottolineare il fondamentale contribuito nel mettere fine alla dittatura. Gheddafi è morto. Gli appelli ai clan sono all'unità, mentre in stanze riservate si studia la mappa del mondo arabo e le potenzialità del petrolio verde. Gheddafi è morto dopo 42 anni di regime e 8 mesi di proteste intrise di sangue, speranza e geopolitica.

domenica 16 ottobre 2011

La Roma dei barbari


La Capitale brucia. A fuoco ancora una volta. Il corteo degli indignati è diventato un inferno per colpa di incappucciati violenti. 5 ore di guerriglia costata il ferimento di circa 70 persone. Vetrine infrante, auto in fiamme. C'è chi in queste ore afferma che in tutta Europa la crisi esaspera. Altri cercano responsabili da punire.
Va punita la politica sporca, l'economia del mero profitto, i partiti che non hanno a cuore il futuro dei cittadini.
La violenza genera solo altra violenza. E' necessario fermarsi e riflettere. Reimpostare la formazione delle coscienze, ridare un futuro, un'anima all'Italia. Ridare ossigeno a questa terra disoccupata e precaria, ma troppo spesso solo impegnata a comprare cellulari e rincorrere carriere di veline e calciatori.
Questa nazione deve rinascere dalle proprie ceneri per tornare forte e per farlo serve sacrificio, dedizione, ma anche dialogo e confronto. Ogni violenza va bandita e condannata, sempre.
Lontano chi alza le armi e si nasconde, lontano chi incita la piazza, chi mette in pericolo o peggio sacrifica vite. Questi non sono uomini, ma disertori di democrazia.
Il tavolo del confronto per quanto aspro e duro è l'unica via. Questa è la forza.

Todi step 1


Sono anni che cammino ed incontro sul fronte politico cattolico. Tessendo reti. Oltre alle divisioni, manca il coraggio, ma c'è voglia di fare. Un nodo difficile da sbrogliare. Si attende l'uomo della provvidenza, il catalizzatore... si attende. Ora c'è fermento il rischio è l'effervescenza. Todi è un buon inizio ma Crociata prima, Riccardi poi, hanno precisato "nessun nuovo partito", nessuna "cosa bianca". Certo bisogna calmare la stampa, ma quanta paura. Serve una nuova idea di politica. Una nuova Politica, non solo nuove linee politiche.


La politica non ha proprie regole, ha spesso stessi errori e trappole, vizi e contorsioni. L'augurio ad una nuova idea di politica guarda alla radice stessa della politica. Molti parlano di regole già scritte che non si posso cambiare. Non è vero. I poteri forti sono forti, non invincibili. Le regole della corruttela, dell'autoaffermazione, della lobby, sono regole organizzative, l'intelaiature pratiche, potremmo dire, della politica. "Fare politica" non è un lavoro in se stesso, ma un esercizio intellettuale, di volontà e azione per il bene comune, per sua natura ricco di potenzialità e ovviamente rischi. 
E' evidente a tutti la differenza che c'è tra una dittatura ed una democrazia e l'intera gamma che sta tra i due opposti. 
La Nuova politica non è utopia, si deve fare legandosi, associandosi, compattando e seguendo, ma seguendo non chi è "il meno peggio", piuttosto chi sa guardare in alto. Se si analizzano icone come Sturzo, De Gasperi, ma anche le storie di Kennedy oppure Obama, ci si rende conto che la loro è stata, almeno all'inizio, una risposta di Nuova politica. Mai accettare che non si possa cambiare, la forza e bellezza dell'uomo è proprio in questa dinamica ed infinita capacità di leggere e rispondere alla vita.

lunedì 10 ottobre 2011

Steve Jobs


Steve Jobs ci ha lasciati. Senza dubbio un genio, un visionario, un'icona. In questi giorni il suo discorso sul “rimanere affamati”, all' Università di Stanford, sta facendo il giro del mondo. Twitter, Facebook lo ripropongono senza soluzione di continuità. 
E' vero, quel vecchio detto popolare, ricorda di non sedersi sulle conquiste ed incita ad andare avanti, a costruire, a realizzare.
Ma quanti si chiedono cosa sia questa fame?
Fame di autorealizzazione? Una fame che autocelebra la potenza, la ricchezza che afferma semplicemente se stessi? Se fosse basterebbe un cancro al pancreas e dei frutti di quella fame si nutrirebbero altri. Si nutriranno altri, senza che altri ancora abbiamo alcun beneficio.
Ma se la fame ha un disegno più alto, se mira alla costruzione di qualcosa che va oltre l'individualismo e l'autoaffermazione, allora anche la morte non potrà mai cancellare l'universalità delle scelte, delle azioni, dell'intera vita, lunga o breve che sia.
E allora si: “Sii affamato, sempre!”