Steve Jobs ci ha lasciati. Senza dubbio
un genio, un visionario, un'icona. In questi giorni il suo discorso
sul “rimanere affamati”, all' Università di Stanford, sta facendo il giro del mondo. Twitter,
Facebook lo ripropongono senza soluzione di continuità.
E' vero, quel vecchio detto popolare, ricorda di
non sedersi sulle conquiste ed incita ad andare avanti, a costruire, a
realizzare.
Ma quanti si chiedono cosa sia questa fame?
Fame di autorealizzazione? Una fame che autocelebra la potenza, la ricchezza che afferma semplicemente se stessi? Se fosse basterebbe un cancro al pancreas e dei frutti di quella fame si nutrirebbero altri. Si nutriranno altri, senza che altri ancora abbiamo alcun beneficio.
Ma se la fame ha un disegno più alto, se mira alla
costruzione di qualcosa che va oltre l'individualismo e
l'autoaffermazione, allora anche la morte non potrà mai
cancellare l'universalità delle scelte, delle azioni, dell'intera vita, lunga o breve che sia.
E allora si: “Sii affamato, sempre!”