lunedì 4 gennaio 2021

Covid-19. Un anno dopo

 
Ormai tutti, o quasi, in Italia indossano la mascherina. In questo anno le zone sono diventate gialle, arancioni e rosse. Affianco alla parola lockdown anche delocalizzazione, smart working, cassa integrazione, fame, povertà, coprifuoco e morte: 1.835.901 ad oggi sono le persone, nel mondo, che non ci sono più a causa del virus. Si è lottato contro il tempo, sperato, cercato un vaccino. Ora c’è, ma la paura in molti rimane: del contagio, degli effetti collaterali del siero contro il coronavirus. Si sono moltiplicate ansie e disinformazione, la post-verità dei social media sembra a volte soppiantare la realtà. Le immagini sono vivide, le persone compresse, quasi non vogliono pensare. Continuo a vedere gente ai tavoli dei bar, quando non c’è il coprifuoco, come se nulla fosse, mentre dall’altra parte della strada sfilano le bare. Non esiste governo al mondo che abbia sottovalutato la pandemia, che ora non debba farci i conti. E i conti sono quelli delle persone che muoiono. Molti superano questa patologia, altri ne porteranno i segni per tutta la vita ed altri ancora, non la racconteranno mai. Da una parte chi spera in un cambiamento, una sorta di conversione spirituale, una nuova consapevolezza di responsabilità, verso la Terra, nei confronti dell’umanità tutta, dall’altra chi agita i vessilli della disgregazione irreversibile, della distruzione colpevole,  volontaria, meritata. In mezzo ci sono persone che cercano profitti ed altri che costruiscono speranza. In questi mesi si distinguono molto più facilmente egoismi e altruismi: uomini chinati su altri uomini e uomini di spalle. Continua ad incoraggiarmi e confortarmi il silenzioso costruire di quell’umanità prevalente che non abbandona mai nessuno.