mercoledì 8 febbraio 2012

Lavoro. Posto fisso addio? Monti, Cancellieri, Fornero e la strategia dei funamboli


Prima il premier Monti (tecnico di tutto rispetto e nome di prestigio in ambito accademico, europeo e… e non solo) a sottolineare che il “posto fisso è monotono”, poi i ministri Cancellieri e Fornero (titolari rispettivamente dei dicasteri dell’Interno e del Lavoro) hanno ribadito che “Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso” hanno parlato di staticità, di presenza “nella stessa città a fianco a mamma e papà”. Di necessità di fare “Un salto”.
Certo ma dalla Rupe Tarpea! 
Ci vorrebbe più attenzione, più rispetto, per tutti. Per i giovani, quelli fino ai 30 anni e per quelli che ne hanno qualcuno di più, ai quali non pensa mai nessuno. Come se passata la soglia degli “anta” competenza, capacità, professionalità  si dissolvano senza tracce e con loro ogni possibilità di costruire, pensare ad una vita.


La patria della mobilità è negli Stati Uniti, Paese in cui, fino a ieri, cambiare lavoro, in un crescendo di specializzazione, era come decidere di fare un viaggio: bastava volerlo (il più delle volte. Adesso anche quel modello scricchiola e pesantemente). 


Parlare di mobilità in assenza di un tessuto lavorativo in grado di assorbire, formare e promuovere è un insulto. 


Il “posto fisso” non è sbagliato se si costruisce un sistema in grado di sostenerlo. La mobilità è un’altra via, sempre però, se si costruisce un sistema virtuoso. Non basta dire a chi cerca lavoro che “dovrà farci l’abitudine”. E’ come dire che l’onere del sacrificio, di una società che non produce lavoro, spetta a chi cerca. Una follia! 


E adesso pubblicano stipendi ed incarichi dei "figli dei potenti". Ma a che serve? Non è con la strategia della “caccia alle streghe”, impoverendo altri, che il Paese, i giovani, e meno giovani, si risolleveranno. Però basta con i: “Io volevo dire”. Oxford, Cambridge… Commissari  europei e Ministri. No! “Io volevo dire” è un altro insulto.