sabato 4 febbraio 2012

La neve a Roma: da Flaminia a Trionfale, 8 km in 8 ore

Eppure è stato proprio così, come in uno di quei film in cui la “Salerno - Reggio Calabria” diventa luogo di socializzazione, scambio culturale e culinario, o come in quelle pellicole in bianco e nero dove il desiderio di trascorrere una domenica sul litorale di Ostia si trasformava in una immensa coda di automobili festanti e non, sulla via Cristoforo Colombo. Eppure è stato così questa sera dopo un’allerta meteo che ha messo in ginocchio “Roma Capitale”. Ore 13.15 sono sul Grande Raccordo Anulare, corsia esterna, mentre Roma comincia ad imbiancarsi.  La segnaletica elettronica indica l’indispensabilità delle catene a bordo o l’uso di gomme da neve. Sono tranquillo. Solo pochi istanti ed un tappeto di luci di posizione è il presagio di un pomeriggio che finirà solo in tarda serata. Mi guardo intorno, siamo immobili, circa al km 18esimo, gli altri automobilisti sono divertiti dagli improvvisi, anche se annunciati, fiocchi bianchi che cadono copiosi ormai da circa un’ora. Sembra Natale. Alcuni accostano l’automobile, e raccolgono manciate di neve, giocano a tirarsela. Alcune stazioni radio parlano del maltempo, a Roma Sud è indicato un rallentamento. Di Roma-Nord nessuna traccia. Un’ora dopo siamo praticamente allo stesso punto, alcuni lasciano il volante per chiedere informazioni ai camionisti (hanno gli apparati radio), altri scattano foto con i telefonini, girano filmati da postare su Facebook. C’è chi dice che la coda si snoda fino all’uscita Aurelia, il chilometro uno. Dopo due ore avremo percorso circa due chilometri, non ci sono piazzole ristoro, eppure l’ora di pranzo invita ad una sosta. Dai bagagliai c’è chi prende una tavoletta di cioccolata, chi una bottiglia d’acqua. Alcuni la offrono a chi ha dei bambini che sfacciatamente urlano “papà posso averne un pezzetto?” L’Italia della solidarietà ha il volto di un panino condiviso, o di una barretta spezzata in cinque pezzi. Fuori la neve si incrementa. Tre ore dopo il manto stradale si compatta ben bene, non c’è fanghiglia ma una bella neve pressata. Penso allo sci da fondo che non ho mai imparato, mentre vedo gente abbandonare la propria auto lungo le corsie e scegliere di andare a piedi. Già, ma a piedi dove? L’uscita successiva è a circa un chilometro, come la precedente. Molti sono in panne, si prova a spingere, ma le ruote slittano, praticamente nessuno ha le catene o pneumatici invernali. C’è chi compila, si scambia dati dopo il tamponamento. Quattro ore dopo le sirene delle autoambulanze si fanno più frequenti e pressanti. Non passano. Nei pressi dell’ospedale Sant’Andrea  tutti si spostano di decine di centimetri, non si guida bene, si slitta, ma i varchi si aprono lo stesso. Ancora auto e moto abbandonate sulla destra, la tormenta continua e noi siamo ancora fermi. Noi, perché adesso conosco, Mario, il camionista che avverte: “stateme lontani che er camio sguiscia”; Stefania che, su una berlina lusso, ha finito la batteria del cellulare ed ha chiesto al signore barbuto fermo alla sua destra di fare una telefonata. Insomma l’Italia ha anche il solito volto della condivisione. Cinque ore dopo c’è chi ha fame, sete. Gli sguardi sono smarriti, il giorno è diventato notte e la strada bianco ghiaccio. C’è paura e rabbia. Sei ore dopo circolano voci su decine di incidenti, camion rigirati e ribaltati, chilometri di coda, nessuna conferma o smentita ufficiale. Da lontano un’altra sirena, è una gazzella della Polizia. Si fanno largo serpeggiando molto lentamente tra il mosaico colorato di carrozzerie. Una donna apre lo sportello scende ed inizia ad inveire contro le divise, il sindaco, e chiunque secondo lei abbia responsabilità di aver “sequestrato tutta sta gente”. Intorno si fa un capannello, gli agenti non rispondono, in quel momento un’utilitaria ed una sportiva si toccano, i guidatori si insultano cercano testimoni, tutti guardano. La scena si scioglie ed il lampeggiante scompare nella notte. Ancora una volta non sappiamo che destino ci attende. Otto ore dopo anche io telefono ai Carabinieri. Mi scuso per l’ennesima chiamata dal GRA, ma spiego che ho quaranta anni, che sono solo a bordo del mio veicolo e che quindi aver saltato un pasto e non avere acqua non costituisce un problema, ma che forse, tra le centinaia di auto che ho davanti e dietro ci sono bambini e anziani. Chiedo se la Protezione Civile è stata allertata se si hanno informazioni su come si uscirà da questa situazione. Dall'altro capo dell'etere mi spiegano che la Polizia ha la competenza su quella strada e che stanno distribuendo coperte e quant’altro. Io sono in mezzo a quel caos e non vedo nessuno, da ore. Faccio presente che le autovetture sono dotate di riscaldamento e insisto nel voler sapere se la Protezione Civile è al corrente dell’emergenza. Mi viene spiegato che le coperte servono per le macchine che rimangono senza benzina. Non capisco perché non si provveda al rifornimento di carburante invece delle coperte… ringrazio e chiudo la conversazione. Faccio chiamare la Protezione Civile, ci spiegano che è in corso la distribuzione di pasti e bevande calde (dove?), ma che l’emergenza rende tutto molto complesso. Otto ore dopo siamo nei pressi delle gallerie che portano all’uscita "Trionfale", il cartello luminoso augura “Buon viaggio”. Perché non viene utilizzato per dare informazioni agli automobilisti che ormai stremati suonano a ripetizione i clacson? E’ come una grande ola: le trombe delle automobili, sommate a quelle possenti dei camion partono da dietro, in un crescendo ti sorpassano per poi perdersi tra i fiocchi di neve, che non hanno mai smesso di cadere. All’uscita “Trionfale” sono incuneate centinaia di auto, nessuno dice che solo qualche centinaia di metri dopo quello svincolo, la circolazione riprende senza code. 8 ore per 8 chilometri!