venerdì 28 ottobre 2011

La carica degli 8000


La premessa è che amo "la tecnologia", genio della mente umana, capace di concretizzare sempre prima quel futuro lontano.  

Il fatto è che circa 8000 persone si sono messe in fila per un Ipad 2, un Tv a Led da 32 pollici, un cellulare... E' successo, come tutti sanno, a Roma dove un noto marchio ha inaugurato, ieri, un novo punto vendita con offerte sensazionali. Talmente incredibili da intasare per ore le principali arterie di Roma Nord e provocare pesanti ricadute sul GRA. Oltre 20mila i movimentati per l'evento. 
Il sindaco Alemanno “non se lo aspettava”. E chi se lo aspettava? Alcuni hanno dormito, la notte prima, a presidio dell'entrata certa; altri si sono azzuffati per accaparrarsi l'ultimo sconto rompendo persino vetrine.
Nella stessa “nottata degli accampamenti”, dopo un lungo vertice, il governo italiano ha annunciato “i licenziamenti facili” per rispondere alle richieste di Bruxelles sulle strategie per fronteggiare la crisi. 
In piazza, a Roma, pochi giorni prima migliaia di “indignati” venuti da tutta Italia (vergognosa, antidemocratica la presenza dei Black Bloc) hanno protestato contro i poteri forti, la mancanza di lavoro, di prospettive. 
E Roma è uno spettacolo mirabolante di se stessa nella contraddizione degli eventi. 

La domanda è: come si mettono insieme crisi, contestazioni, paure e file sterminate per accaparrarsi un telefonino?

La conclusione è che forse hanno davvero ragione quelli che affermano che siamo una società malata, condizionata sino all'inverosimile. Intrisi di “dover essere” di “dover apparire”. Talmente malata da dover comprare compulsivamente per azzittire frustrazioni, carenze e vuoti. Vuoti esistenziali, di anima e di ragione. Si compra per compensare la povertà e così si diventa ancora più poveri. Viviamo in una società malata che lascia soli e chiama le persone individui; una società che impone modelli “di plastica” inarrivabili. Zavorre per uomini che sprecano una vita intera a rincorrere tutto ciò che non hanno per il solo fine di possederlo. 
La vera felicità, però, non è avere, ma condividere. 

venerdì 21 ottobre 2011

Gheddafi è morto


Muammar Gheddafi è morto. Almeno così dice il CNT il Consiglio Nazionale di Transizione libico. La Nato per ora non conferma, servono le prove del DNA. Sono almeno quattro infatti i sosia che avevano giurato fedeltà al rais. Gheddafi è morto. Le foto raccapriccianti, i video mostrano la cattura, il linciaggio. Morto il figlio Mutassim, ancora non certa, anche se comunicata dai ribelli, l’uccisione dell'altro figlio Saif al Islam, morto a Sirte il ministro della Difesa, Abu Bakr Younes.
Gheddafi è morto, la Libia è in festa con lei molti altri Paesi, per motivi economici, strategici, tattici... Gheddafi è morto, ma la morte di un uomo non può mai essere motivo di gioia. Una democrazia non nasce usando la stessa violenza del regime soppresso. Il CNT ha subito la prima sconfitta, ha compiuto uno sbaglio fondativo. Ora sarà tutto più difficile, senza un processo davanti alla Comunità Internazionale. Gheddafi è morto. Solo 10 mesi fa era pienamente accreditato in tutto il mondo. Oggi “i governi amici” si presentano davanti alle telecamere per sottolineare il fondamentale contribuito nel mettere fine alla dittatura. Gheddafi è morto. Gli appelli ai clan sono all'unità, mentre in stanze riservate si studia la mappa del mondo arabo e le potenzialità del petrolio verde. Gheddafi è morto dopo 42 anni di regime e 8 mesi di proteste intrise di sangue, speranza e geopolitica.

domenica 16 ottobre 2011

La Roma dei barbari


La Capitale brucia. A fuoco ancora una volta. Il corteo degli indignati è diventato un inferno per colpa di incappucciati violenti. 5 ore di guerriglia costata il ferimento di circa 70 persone. Vetrine infrante, auto in fiamme. C'è chi in queste ore afferma che in tutta Europa la crisi esaspera. Altri cercano responsabili da punire.
Va punita la politica sporca, l'economia del mero profitto, i partiti che non hanno a cuore il futuro dei cittadini.
La violenza genera solo altra violenza. E' necessario fermarsi e riflettere. Reimpostare la formazione delle coscienze, ridare un futuro, un'anima all'Italia. Ridare ossigeno a questa terra disoccupata e precaria, ma troppo spesso solo impegnata a comprare cellulari e rincorrere carriere di veline e calciatori.
Questa nazione deve rinascere dalle proprie ceneri per tornare forte e per farlo serve sacrificio, dedizione, ma anche dialogo e confronto. Ogni violenza va bandita e condannata, sempre.
Lontano chi alza le armi e si nasconde, lontano chi incita la piazza, chi mette in pericolo o peggio sacrifica vite. Questi non sono uomini, ma disertori di democrazia.
Il tavolo del confronto per quanto aspro e duro è l'unica via. Questa è la forza.

Todi step 1


Sono anni che cammino ed incontro sul fronte politico cattolico. Tessendo reti. Oltre alle divisioni, manca il coraggio, ma c'è voglia di fare. Un nodo difficile da sbrogliare. Si attende l'uomo della provvidenza, il catalizzatore... si attende. Ora c'è fermento il rischio è l'effervescenza. Todi è un buon inizio ma Crociata prima, Riccardi poi, hanno precisato "nessun nuovo partito", nessuna "cosa bianca". Certo bisogna calmare la stampa, ma quanta paura. Serve una nuova idea di politica. Una nuova Politica, non solo nuove linee politiche.


La politica non ha proprie regole, ha spesso stessi errori e trappole, vizi e contorsioni. L'augurio ad una nuova idea di politica guarda alla radice stessa della politica. Molti parlano di regole già scritte che non si posso cambiare. Non è vero. I poteri forti sono forti, non invincibili. Le regole della corruttela, dell'autoaffermazione, della lobby, sono regole organizzative, l'intelaiature pratiche, potremmo dire, della politica. "Fare politica" non è un lavoro in se stesso, ma un esercizio intellettuale, di volontà e azione per il bene comune, per sua natura ricco di potenzialità e ovviamente rischi. 
E' evidente a tutti la differenza che c'è tra una dittatura ed una democrazia e l'intera gamma che sta tra i due opposti. 
La Nuova politica non è utopia, si deve fare legandosi, associandosi, compattando e seguendo, ma seguendo non chi è "il meno peggio", piuttosto chi sa guardare in alto. Se si analizzano icone come Sturzo, De Gasperi, ma anche le storie di Kennedy oppure Obama, ci si rende conto che la loro è stata, almeno all'inizio, una risposta di Nuova politica. Mai accettare che non si possa cambiare, la forza e bellezza dell'uomo è proprio in questa dinamica ed infinita capacità di leggere e rispondere alla vita.

lunedì 10 ottobre 2011

Steve Jobs


Steve Jobs ci ha lasciati. Senza dubbio un genio, un visionario, un'icona. In questi giorni il suo discorso sul “rimanere affamati”, all' Università di Stanford, sta facendo il giro del mondo. Twitter, Facebook lo ripropongono senza soluzione di continuità. 
E' vero, quel vecchio detto popolare, ricorda di non sedersi sulle conquiste ed incita ad andare avanti, a costruire, a realizzare.
Ma quanti si chiedono cosa sia questa fame?
Fame di autorealizzazione? Una fame che autocelebra la potenza, la ricchezza che afferma semplicemente se stessi? Se fosse basterebbe un cancro al pancreas e dei frutti di quella fame si nutrirebbero altri. Si nutriranno altri, senza che altri ancora abbiamo alcun beneficio.
Ma se la fame ha un disegno più alto, se mira alla costruzione di qualcosa che va oltre l'individualismo e l'autoaffermazione, allora anche la morte non potrà mai cancellare l'universalità delle scelte, delle azioni, dell'intera vita, lunga o breve che sia.
E allora si: “Sii affamato, sempre!”