mercoledì 11 febbraio 2015

Eutanasia in Canada

La Suprema Corte del Canada ha autorizzato il suicidio assistito per un anno, il tempo che ci vorrà per cambiare la legge, che ora, secondo i magistrati lede la Carta dei diritti e delle libertà. 

Il Parlamento ha già detto che studierà seriamente il caso. I margini di manovra per contrastare la decisione ci sono, anche se ristrettissimi, ma per dodici mesi rimarrà aperta questa finestra di negazione. 

Le toghe canadesi hanno stabilito che i malati incurabili, ma non necessariamente in fase terminale, potranno scegliere volontariamente la morte. Possibilità estesa anche a chi affetto da patologie psichiche

Ancora una volta ciò che sembra vincere è la logica economica. Quella che vede nella malattia un costo sanitario, non un uomo da aiutare. Un costo lavorativo e sociale troppo elevato. E’ la “cultura dello scarto” declinata tante volte da Papa Francesco

Non conta la persona, ma la sua efficienza, la sua capacità produttiva e quando è più debole lo si butta via, anzi peggio lo si convince che la morte è strada da intraprende, per non soffrire. 

Perché la sofferenza spaventa tutti. Le cure palliative, che servono a lenire il dolore, ad accompagnare con dignità e amore le persone fino all’ultimo respiro, costano troppo. 

E allora si parla di “libertà” e “civiltà” mentre si sceglie la strada più semplice, quella del cocktail letale. Nessuno però vorrebbe morire se gli fosse assicurato l’affetto dei propri cari e minore sofferenza. 

La scelta è dettata ancora una volta dalla negazione dell’appartenenza: l’uomo non può avere lo sguardo sull’uomo se rinnega il legame con la trascendenza, con Dio creatore che per primo lo ha amato

La conseguenza sono le contraddizioni, come opporsi alla pena capitale e sostenere l’eutanasia; usare la parola diritto e negare ai soggetti più deboli, come ai bambini nelle pance delle mamme, la possibilità di vivere.